Barbaresco DOCG

Barbaresco DOCG

Barbaresco DOCG

Il territorio della denominazione di origine controllata e garantita Barbaresco è quello compreso nei comuni di Neive, Barbaresco e Treiso, oltre alla frazione di Alba San Rocco Seno d’Elvio.

Il vitigno più importante di questo territorio è il nebbiolo da cui dopo la vinificazione e l’invecchiamento di due anni si ottiene il Barbaresco.

Questo vino, dalle caratteristiche organolettiche straordinarie, condivide con il Barolo non solo la fama ormai consolidata in tutti i mercati del mondo, ma anche l’appartenenza alla qualificata schiera dei prodotti di punta dell’enogastronomia langarola.

La storia

Sino alla seconda metà dell’Ottocento le uve nebbiolo di questa zona confluivano spesso nel Barolo, non esistendo ancora una netta distinzione tra i due vini.
La vera storia del Barbaresco inizia quindi solo nel 1894, quando Domizio Cavazza fondò la Cantina Sociale di Barbaresco. In quell’anno furono vinificate le prime dieci tonnellate di uva il cui succo fermentato avrebbe finalmente assunto il nome di Barbaresco su di un’etichetta stampata.
Esistono esempi antecedenti, come potranno vedere i visitatori del Museo della cascina Drago di San Rocco Seno d’Elvio, ma, trattandosi di scritte a mano, non si può ritenere che tale nome fosse già ufficiale e sufficientemente consolidato.
Il Barbaresco dei primi anni si caratterizzò per essere meno potente e strutturato dell’illustre fratello Barolo, più pieno ed elegante. L’immagine di vino più bevibile e meno tannico rispetto al Barolo ha in realtà percorso tutta la storia di questo prodotto, sino agli anni più recenti. E la prova di questa impostazione si ha nel disciplinare di produzione del Barbaresco, che sembra un po’ la fotocopia appena ridimensionata di quello del Barolo: fermo restando alcune caratteristiche identiche, quali l’acidità minima e l’estratto secco, qui l’invecchiamento obbligatorio è di soli due anni, anziché tre, e gradi alcolici minimi sono 12,5 invece di 13.
Dopo qualche lustro di successo, la storia del Barbaresco subì un rallentamento fino agli Anni 50, quando nacque la Cantina dei Produttori del Barbaresco. Nel 1598, grazie alla volontà di don Fiorino Marengo e al coinvolgimento di numerosi viticoltori, iniziò la nuova avventura di una cantina cooperativa che in questi quarantacinque anni è stata una delle protagoniste delle fortune di questo rosso austero.
E un’ulteriore svolta si ebbe nel 1980 quando il Barbaresco ottenne il più importante dei riconoscimenti legislativi legati al vino, la denominazione di origine controllata e garantita (docg).
Inizia così la storia recente di questo grande vino, fatta di produttori capaci che in pochi anni sono riusciti ad ovviare allo svantaggio di un immagine un po’ sbiadita rispetto a quella del Barolo.
Sono diventati famosi i nomi dei vigneti da cui arrivano le uve: Rabajà, Asili, Martinenga, Secondine, Roncaglie, Bricco. Nomi che, insieme a quelli di alcuni produttori, lanciano definitivamente il Barbaresco nel firmamento dei grandi vini italiani e non solo. Ai grandi nomi bisogna aggiungere i produttori della nouvelle vague, quelli che timidamente sono usciti dall’anonimato e si sono imposti sul mercato mondiale.
Il “piccolo Barolo”  come veniva chiamato – è ormai diventato adulto e non ha più timori reverenziali nei confronti del fratello più anziano.

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