Barbera
A lungo considerato vino popolare, generoso ma ruvido, da osteria, ha conosciuto una straordinaria rivalutazione sul finire del ventesimo secolo, cha l’ha portata nell’olimpo dei grandi vini del mondo.
La materia è tutta lì, in quei grappoli compatti, blu notte. Una grande Barbera non si fa in cantina: in cantina si educa, si perfeziona, si custodisce, con devozione e rispetto.
La grande Barbera nasce nelle vigne di collina, esposte ai quadranti intorno al Mezzogiorno, dove le rigogliose spalliere di foglie intercettano la massima quantità di calore e di luce.
La grande Barbera rifugge dalla pianura come dalla montagna: il suo regno è la collina. Quella del bacino terziario piemontese, emersa lentamente dal fondo del mare con i suoi sedimenti calcarei: un sistema orografico molto articolato, che dalle Langhe si spinge fino all’Oltrepò pavese, e a Nord fino al Monferrato casalese. Il vigneto di Barbera è spalmato sulle pendici di queste colline, ma con una diversa intensità. Su versanti esposti a Sud e non troppo ventilati può salire fino a quasi 400 metri, ma di norma, l’ambiente favorevole a una perfetta maturazione va dai 150 ai 300 metri sul livello del mare.
Matura tardi, perché la sua generosità in zuccheri (che si trasformano tutti in alcol) non è che la generosità del sole fatto succo attraverso la fotosintesi.
La Barbera ha un’acidità sempre viva, che sostiene la freschezza dei profumi; nei vini di un tempo questa acidità era troppa, era asprezza da equilibrare. Le Barbere moderne sono molto più morbide e “grasse”.
Non è ben chiaro come e quando ebbe inizio la fortuna del vitigno, tuttora il più coltivato in Piemonte, con circa 12.000 ettari distribuiti nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria, ma con presenze di un certo rilievo anche in provincia di Torino, nel Canavese, nel Pinerolese, in Val di Susa. La massima concentrazione è nel Sud astigiano, tra Tanaro e Belbo. Quasi tutti i vigneti sono iscritti a un albo Doc. Il “Piemonte Barbera” è il prodotto base, consente produzioni più elevate: Barbera d’Asti, Barbera d’Alba e Barbera del Monferrato sono le Doc cosiddette di vertice.
La storia
Sono attestati vigneti di barbera in purezza fin da che ne esiste memoria. E non è, purtroppo, una memoria lunghissima: non si è ancora riusciti finora a trovare citazioni della Barbera prima dell’Ottocento. Eppure la sua storia deve essere per forza più antica.
La grande spinta venne, quindi, probabilmente nella seconda metà dell’Ottocento, con l’affermazione della piccola proprietà contadina, e fu accelerata all’inizio del secolo, quando la Francia, con una viticoltura distrutta dalla filossera , richiedeva vini da integrazione e taglio. I vini di massa del Sud della Francia erano, a quel tempo, di medio corpo e colore, piatti di acidità, ricchi solo di tannini amari.
Quale condimento migliore della Barbera? Grande vino da assemblaggio lo è di certo, ha sempre qualcosa da aggiungere. Ma i produttori più bravi da sempre si cimentano con l’uva barbera in purezza: che può essere davvero grande, ma solo a certe condizioni, la mano dell’uomo deve “domarla”.