Dolcetto

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Il dolcetto è il vino piemontese quotidiano per eccellenza, talmente familiare che per secoli non attraversò i confini regionali che in rare occasioni: alcune barbatelle furono messe a dimora in Sardegna per affermare l’appartenenza di quest’isola al regno sabaudo, altre arrivarono fino in Argentina nascoste nelle bisacce degli emigranti.

Quotidiano in casa e misconosciuto fuori , anche a causa di un nome che induce l’inesperto a pensarlo un vino dolce. Dolcissimo è solo il frutto, da gustare anche come uva da tavola o da utilizzare nella cura dell’uva praticata fino agli Anni Cinquanta; secco invece è il vino, dal forte fruttato e dal finale lievemente ammandorlato.
Il nome deriva quindi dal piemontese “dosset”cioè dolce.

Il dolcetto è coltivato nel basso Piemonte, nelle province di Cuneo(Langhe), Asti (Monferrato), Alessandria (Acqui e Ovada,Tortonese), Torino (Pinerolese).
È riuscito a collezionare ben 11 Doc. Alle 7 storiche, ovvero Dolcetto d’ Alba, d’Asti, di Dogliani, di Acqui, di Ovada, di Diano d’Alba e delle Langhe Monregalesi, si sono aggiunte ultimamente quelle dei Colli Tortonesi, del Pinerolese, delle Langhe e del Monferrato.

Tanta forza legislativa per conferire qualità e sostegno commerciale a un vino che soltanto in questi ultimi anni si sta scrollando di dosso quella patina di vino semplice, da tutti i giorni, da tutto pasto, che davvero non gli rendeva giustizia.

La primavera del Dolcetto è da poco iniziata, in virtù della lungimiranza di alcuni produttori che credono nella potenzialità del vitigno e del territorio, che si giovano di tecnologie all’avanguardia o semplicemente della bassa resa in vigna. E i mercati esteri si stanno aprendo, anche grazie al buon rapporto qualità/prezzo di questo vino.

La storia

Il primo Dolcetto a essere citato è quello di Asti, all’inizio del Cinquecento, a opera di Gian Giorgio Allione, commediografo, che mette in bocca a una balia la seguente frase:
«patin, formagg, tajarin, carn fresca, vin bianc e dosset de Mongardin». La citazione che dobbiamo allo storico Gian Luigi Bera di Canelli, toglie il primato al Dolcetto di Dogliani, oggetto di attenzione in un bando vendemmiale del 1593.

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